giovedì 27 dicembre 2012

SOS Rosarno


Lo sfruttamento dei lavoratori nelle campagne è ormai diffuso in tutto il territorio del nostro paese. Lavoratori “invisibili”, sfruttati da un sistema di caporalato e dalle agro mafie. Ogni anno, secondo il rapporto su caporalato e agromafie curato da Flai Cgil, lavorano nelle campagne circa 700mila lavoratori stranieri regolari e irregolari per permettere l'arrivo del cibo sulle nostre tavole. Lo sfruttamento non riguarda solo il sud ma anche regioni come Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana. Il lavoro svolto viene, spesso, pagato a cottimo, ovvero 3,5 euro il cassone per la raccolta dei pomodori  o 4 euro l'ora nelle campagne del Piemonte, il tutto senza contratto per giornate lavorative di 12/16 ore. Nonostante le nuove norme sul caporalato entrate in vigore nel settembre 2011 e nel luglio 2012, che hanno introdotto il reato di caporalato e la possibilità di concedere il permesso di soggiorno ai lavoratori che denunciano i propri sfruttatori, la situazione non è migliorata.
Nel frattempo però a Rosarno e nella piana di Gioia Tauro arrivano i lavoratori per la raccolta degli agrumi. Giuseppe Pugliese, portavoce dell'associazione Africalabria, durante l'intervista  andata in onda Martedi 11 dicembre, ci ha delineato il quadro dell'attuale situazione.
Sono  diversi i motivi dell'attuale crisi, da una parte il clima, che quest'anno non è stato dei migliori per gli agrumi e in particolare per le clementine, accompagnato da una  crisi strutturale che ricade inevitabilmente sui lavoratori stagionali. 
E' necessario denunciare il modo di fare accoglienza nel nostro paese, ad oggi non vi è nessun intervento nei confronti dei comuni di Rosarno e San Ferdinado ma un continuo rimpallo di responsabilità. Le tendopoli con una capienza massima di 280 persone "accolgono" 700 ragazzi, obbligati a sistemarsi intorno con ricoveri di fortuna identici a quelli che si sono cercati di evitare l'anno scorso. La situazione è identica, persone che vivono ancora senza acqua calda e con un solo bagno. Si sono ricreati i ghetti denunciati da Africalabria l'anno scorso ma senza nessun tipo di intervento.
Tra le cause di questa situazione c'è anche la politica agricola comunitaria e la grande distribuzione che impone costi bassi che inevitabilmente ricadono sul lavoratore. 
Un esempio, venti anni fa chi raccoglieva clementine prendeva dalle 1400 alle 1800 Lire al kg, oggi un produttore prende sulla pianta 18 centesimi. Data questa situazione, le possibilità sono tre: l'abbandono della terra, l'esproprio o un risparmio sulla manodopera. Attualmente si pagano 25 euro al giorno per bracciante e questa situazione genera  tensione. Le rivolte del 2010 sono accadute perchè una parte dei lavoratori ha perso la testa dopo l'ennesima aggressione violenta. 
La posizione giuridica dei lavoratori presenti a Rosarno è abbastanza variegata, vi sono rifugiati, titolari di protezione sussidiaria, umanitaria e titolari di permesso di soggiorno temporanei, gli irregolari sono sempre meno. 
Le arance arrivano sulle nostre tavole macchiate del sangue di chi lavora e le normative non bastano, perché se c'è una situazione di crisi e non si interviene in modo strutturale la situazione non può migliorare.
in tutto ciò però nascono anche esperienze positive, come sla campagna SOS Rosarno, in grado di dimostrare che è possibile produrre, senza sfruttare, senza usare pesticidi, in maniera naturale con un prezzo conveniente al consumatore e che retribuisce il produttore equamente (42 euro al giorno con contratto e contributi) è una cosa piccola ma ci dimostra come è possibile  migliorare la situazione. 







Per ordinare le arance e clementine della campagna SOS Rosarno contattare la cooperativa Monimbò in Umbria telefonicamente allo 0744 428093 (Terni) 075 5731719 (Perugia) 



giovedì 20 dicembre 2012

Anche Ondemigranti ha aderito a RADIO 18-12

La Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori migranti 
e dei membri delle loro famiglie 
garantirebbe il riconoscimento della migrazione come un fenomeno umano inevitabile.


Ogni anno, il 18 dicembre, 
si celebra la campagna per ricordare ai governi di ratificarla.




Ogni anno Ondemigranti aderisce a Radio 18-12, una iniziativa del Centro internazionale dei diritti umani dei migranti. Si tratta di un evento mondiale che lega insieme emittenti ed organizzazioni che si occupano del mondo dell'immigrazione, condividendo materiali video, audio e articoli che si occupano della Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

Il 18 dicembre 2012, grazie al sostegno di Radio Galileo, Ondemigranti ha realizzato una puntata straordinaria, intervistando esponenti del mondo sindacale e della cultura:

Alessandro Rampiconi della CGIL di Terni, in merito alla condizione dei migranti nel mercato del lavoro locale e alla Campagna "L'Europa sono anch'io".

Marcello Ricci del Centro per i Diritti Umani e l'Avv. Suzana Korrikuin merito alla nascita e alle caratteristiche della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. 

Daniele Vicari e Roland Sejko, autori di due film-documentari, "La nave dolce" e "Anija - La nave", riguardanti l'esodo del 1991 dei cittadini albanesi in Italia. A distanza di molti anni da quei fatti, abbiamo chiesto ai due autori quale sia oggi il ruolo della cinematografia rispetto al diritto/dovere alla memoria e alla necessità di liberarla dai pregiudizi negativi che hanno segnato per lungo tempo l'immaginario del fenomeno migratorio.


martedì 11 dicembre 2012

Concorsi pubblici e discriminazione




Per gli immigrati, la convivenza significa riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti, delle diversità e dei doveri. Per questo, gli immigrati non ritengono accettabile la loro esclusione da alcuni ambiti della vita civile, il permanere della discriminazione nell'accesso ai servizi pubblici, il peso del lavoro sommerso e, specialmente, le remore nel farsi carico, quanto alla cittadinanza, dei diritti dei figli degli immigrati nati in Italia".
Un’ esclusione dei cittadini extracomunitari si verifica quindi, nell’impossibilità di partecipare ai bandi per accedere al pubblico impiego in quanto uno dei requisiti previsti è la cittadinanza italiana e comunitaria e ciò configura un comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori stranieri in quanto viola il principio di uguaglianza e di parità di trattamento tra lavoratori migranti regolarmente soggiornanti e nazionali sancito dall’art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione, il quale rinvia alla Convenzione OIL n. 143/1975.
La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 139 del 15.04.2011, proprio sotto il profilo del contrasto con la fonte internazionale richiamata, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione, sollevata dal Tribunale di Rimini, di legittimità costituzionale dell'art. 38, co. 1 del T.U. pubblico impiego, (nella parte in cui afferma che “I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso te amministrazioni pubbliche”) ritenendo possibile e doverosa un'interpretazione conformativa della predetta disposizione perché “la norma in sé non preclude l’accesso ai posti pubblici da parte di cittadini extracomunitari”. Eventuali limitazioni all’accesso degli stranieri al pubblico impiego sono possibili nei soli casi imposti dall’interesse nazionale ovvero solo quando si tratta di posizioni lavorative implicanti l'esercizio di attività attinenti ad una funzione pubblica che comportano l’esercizio di pubblici poteri nelle forme proprie della P.A., per le quali è precluso l’accesso agli stessi cittadini comunitari. A questo punto è sufficiente osservare che l’aver previsto la partecipazione ai concorsi dei cittadini comunitari significa che la stessa amministrazione concorda sulla inesistenza di una questione di “pubbliche funzioni”.
Oltre alle norme sopra richiamate, in molti bandi che indicono un concorso pubblico non vengano presi in considerazione ulteriori e specifiche disposizioni provenienti da fonti comunitarie direttamente applicabili in Italia che, in ottica di tutela minima, garantiscono la parità di trattamento nell’accesso al lavoro a determinate categorie di persone: in particolare ai familiari dei cittadini dell’Unione Europea (art. 19 del d.lgs. n. 30/2007), ai familiari di cittadini italiani (art. 23 del d.lgs. n. 30/2007), ai soggiornanti di lungo periodo (art. 11 comma 1 della direttiva 2003/109/CE), ai rifugiati (art. 25 del d.lgs. n. 251 del 19.11.07).
Recentemente si è verificato l’esclusione dei cittadini stranieri dal concorso pubblico indetto dal MIUR per il reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di I e II grado L’Antenna Territoriale di Firenze, insieme all’Antenna di Roma, scrive al Ministro Profumo per chiedere la modifica del bando al fine di consentire la partecipazione dei cittadini stranieri aventi diritto
Con il decreto n. 82/2012 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha indetto, su base regionale, un concorso per titoli ed esami finalizzato alla copertura di 11.542 posti e cattedre di personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, nonché di posti di sostegno, risultanti vacanti e disponibili in ciascuna regione negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015. Il bando di concorso citato prevede tra i requisiti necessari per la partecipazione quello della cittadinanza italiana o comunitaria, con conseguente illegittima esclusione degli aspiranti docenti di cittadinanza non comunitaria, anche se titolari di titolo abilitativo all’insegnamento – il quale può essere conseguito anche dai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti attraverso lo svolgimento del cd. tirocinio formativo attivo (TFA) – e di ogni altro requisito di capacità e competenza previsto dal bando di concorso.
A seguito della mancata risposta del Ministro della Pubblica Istruzione alla segnalazione inviatagli dalle Antenne Territoriali Anti-discriminazione dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) di Roma e Firenze relativa alla illegittima esclusione, in ragione della cittadinanza, dal concorso per il reclutamento di 11.542 docenti, degli aspiranti professori regolarmente soggiornanti in Italia ed in possesso dei requisiti di competenza e capacità, l’Asgi e la Rete G2, unitamente alla dott.ssa N. B. residente in Italia da 20 anni, ove ha conseguito la Laurea in Chimica presso l’Università “La Sapienza” di Roma con il massimo dei voti, hanno deciso di rivolgersi al Tribunale di Roma perché, accertato il comportamento discriminatorio del Ministero, adotti i provvedimenti ritenuti opportuni e necessari per rimuovere la rilevata discriminazione.
Secondo i ricorrenti il bando pone in essere un’irragionevole differenza di trattamento tra lavoratori comunitari e non comunitari, in violazione del principio di non discriminazione nelle condizioni di lavoro rispetto al lavoratore nazionale, ribaditi dalla Convenzione O.I.L e dal Testo Unico immigrazione D.Lgs. 286/1998.
Il concorso per il reclutamento del personale docente non si è discostato da una illegittima prassi amministrativa, che, nonostante l’Italia sia diventata multietnica molti figli di immigrati nati e/o cresciuti qui finiscono gli studi ma solo il fatto di non aver la cittadinanza italiana vengono esclusi all’accesso al pubblico impiego pur possedendo tutti i titoli richiesti nei relativi bandi e quindi , di fatto, questa prassi impedisce alle persone di origine straniera di adempiere al dovere/diritto di piena partecipazione alla vita economico sociale del paese.
Ci si rammarica che anche il decreto legge Salva Infrazioni varato giovedì 6 dicembre 2012 dal governo per quanto riguarda l’accesso nella Pubblica Amministrazione, limitata ai titolari di carta di soggiorno e ai rifugiati, che era prevista nella bozza del decreto "salva infrazioni" non è stata approvata dal Consiglio dei Ministri. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali aveva chiesto infatti che tra le varie norme scritte per allineare l’Italia alle direttive dell'Ue ce ne fosse anche una che prevedesse “il diritto di accesso ai posti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni anche da parte dei cittadini di paesi terzi alle stesse condizioni dei cittadini UE”.
L’ invito, inizialmente, era stato accolto. Una bozza del Salva Infrazioni modificava infatti le norme sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Le stesse che già oggi prevedono che “i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale”.
Nella bozza arrivata giovedì a Palazzo Chigi si allargava questa possibilità ai familiari dei cittadini Ue “non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”. Ma anche “ai cittadini di Paesi Terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria”.
Sembrava una rivoluzione, che però si è fermata in Consiglio dei ministri. “Il Salva Infrazioni è stato notevolmente asciugato e molti articoli della bozza, tra cui quello sulle assunzioni degli stranieri nella Pubblica Amministrazione, sono stati eliminati” spiegano dal ministero per le Politiche Comunitarie. Quella norma verrà "recuperata"? E quando? "Non siamo in grado di dirlo". Di certo, anche alla luce della crisi di governo, la strada per un eventuale novità normativa in questa direzione appare in salita.
Per aggiornamenti Vi segnaliamo il sito Antidiscriminazione curato dall’ASGI (Associazione per gli Studi Giudici sull’Immigrazione)

sabato 24 novembre 2012

Minori non accompagnati in Italia



La giornata mondiale dell'infanzia del 20 Novembre nasce dall'approvazione della Convenzione Onu  sui diritti dell'infanzia, dell'Assemblea delle Nazioni Unite del 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia nel 1991 con la legge n. 176.
Il documento esprime il largo consenso su quali siano gli obblighi degli stati e della comunità internazionale nei confronti dell'infanzia. Tra i principi sanciti, quattro sono fondamentali: il principio di non discriminazione sancito all'art.2; il superiore interesse del bambino sancito dall'art. 3; il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo; l'ascolto delle opinioni del bambino sancito dall'art. 12, quest'ultimo prevede il diritto dei bambini di essere ascoltati in tutti i procedimenti che li riguardino, di conseguenza è dovere dell'adulto tenere in considerazioni le opinioni espresse. L'art. 12 dichiara la necessità di nominare una figura addetta all'ascolto, stabilire i tempi e cercare di farlo esprimere al meglio, se la persona appartiene ad enti pubblici, deve possedere una preparazione qualificata.
Nell'articolo 20 della Convenzione viene sancito il diritto dei minori, temporaneamente o definitivamente privati del loro ambiente familiare, a ricevere l’assistenza e la protezione dello Stato in cui si trovano.
La condizione dei minori stranieri non accompagnati e` stata fino ad oggi trattata marginalmente nel diritto comunitario, prendendo in considerazione in ogni caso solo la dimensione di “straniero”.
In Italia l’assegnazione della tutela avviene per risoluzione di un organismo giudiziario (un giudice o il Tribunale) che designa la persona o l’istituzione incaricata ed effettua altresi` un’attivita` di controllo del suo operato.
In base alla legislazione nazionale per “minori stranieri non accompagnati” si intendono i minorenni non aventi cittadinanza italiana o d’altri Stati dell’Unione Europea che, non avendo presentato domanda di asilo politico, si ritrovano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privi d’assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o d’altri adulti per loro legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano (art. 1, comma 2 del DPCM 535/99; D.P.R. 303/2004, art. 1).
Ci sono criteri oggettivi di concessione del permesso di soggiorno, tutti i minori che si trovano nel sistema di protezione dovrebbero ottenere un permesso valido fino ai 18 anni (permesso di soggiorno per minore eta`). 
La Legge 129/2011 di conversione del decreto legge n. 89/11 pubblicata in G.U. Il 05.08.2011 ha modificato l’art. 32 del Testo Unico sull’immigrazione (D.lgs.286/1998), già modificato dalla Legge 94/2009.
Prima della modifica approvata con Legge 129/2011, l’art. 32 prevedeva che ai fini dell’ottenimento di un permesso di soggiorno al compimento della maggiore età i minori stranieri non accompagnati dovessero soddisfare due requisiti previsti dalla norma: essere affidati o sottoposti a tutela, trovarsi in Italia da almeno tre anni e aver partecipato a un progetto di integrazione sociale e civile per almeno due anni. Secondo questa precedente normativa, i minori che non potevano dare prova di essere sul territorio italiano da almeno tre anni e di aver aderito a un progetto di integrazione da almeno due anni, potevano riscontare delle difficoltà ad ottenere un permesso di soggiorno al compimento della maggiore età anche se affidati o sottoposti a tutela.
L’art. 32 come modificato dalla Legge 129/2011 stabilisce invece che i requisiti previsti dalla normativa al fine dell’ottenimento di un permesso di soggiorno al compimento della maggiore età siano alternativi fra loro, per cui possono ottenere la conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età i minori stranieri non accompagnati che si trovino in una delle seguenti condizioni: essere affidati o sottoposti a tutela e aver ricevuto un parere positivo da parte del Comitato minori stranieri oppure trovarsi in Italia da almeno tre anni e aver partecipato a un progetto di integrazione sociale civile per almeno due anni.
La presa in carico di un minore straniero non accompagnato vincola il Comune ad una serie di azioni che rendono concreta la protezione giuridica del minore medesimo, oltre che quella materiale e socio-psicologica. In capo al Comune sussiste l’obbligo di segnalare al Comitato per i minori stranieri i minori presi in carico dai Servizi Sociali, di conseguenza il Comitato sara` in grado di verificare le misure di protezione attivate nei confronti del minore ed eventualmente individuare l’opportunita` di un rimpatrio volontario assistito o l’avvio di un percorso di integrazione in Italia. L’ordinamento giuridico, inoltre, obbliga l’Ente Locale a segnalare i minori in stato di abbandono alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e ad esplicitare luogo e condizioni materiali in cui si trovano i minori stessi.

Nell'intervista andata in onda Martedì 20 novembre, durante la trasmissione “Ondemigranti” abbiamo avuto modo di confrontarci con Carlotta Bellini, responsabile dell'area protezione di Save the Children. organizzazione internazionale indipendente che dal 1919 lavora per migliorare concretamente la vita dei bambini in Italia e nel mondo.
Nell'ottobre 2011 Save the Children ha pubblicato il rapporto L’accoglienza temporanea dei minori stranieri non accompagnati arrivati via mare a Lampedusa nel contesto dell’emergenza umanitaria Nord Africa, in cui si descrivono le condizioni di accoglienza dei minori non accompagnati trasferiti, tra luglio e settembre 2011, da Lampedusa nelle 24 Strutture di Accoglienza Temporanea (SAT) che si trovano in Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia e Toscana.
In circa 3 mesi sono stati 1.028 i minori non accompagnati trasferiti da Lampedusa nelle SAT, pari al 40% circa dei minori non accompagnati sbarcati a Lampedusa dall‟inizio del 2011 (2.594). Di questi, 572 (pari al 56%) hanno tra i 16 ed i 17 anni; i più grandi, che hanno compiuto 18 anni nel 2011, essendo nati nel 1993, sono 116 (pari al 11%). 334 minori (33%) hanno tra i 14 ed i 16 anni. I più piccoli sono 6, di cui 2 hanno 12 anni e 4 13 anni. La maggior parte dei minori non accompagnati trasferiti da Lampedusa nelle SAT proviene dalla Libia  ed è originaria di paesi dell‟Africa sub-sahariani. Gli altri sono originari di Pakistan  e Bangladesh, Corno d‟Africa e Libia (4). Sono invece 295 i minori non accompagnati provenienti dalla Tunisia ed originari di questo Paese, tutti trasferiti da Lampedusa in Sicilia , Calabria  e Campania.
Carlotta Bellini ha sottolineato le diverse criticità causate dalla mancanza di un sistema nazionale di tutela ed una normativa standardizzata e coordinata centralmente, sottolineando come l'assenza di queste  procedure standard non permetta la soddisfazione dei bisogni dei minori nel lungo periodo, sia italiani che  stranieri. 





1Art. 20 Convenzione ONU sui diritti dell'infazia
1. Ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto a una protezione e ad aiuti speciali dello Stato.
2. Gli Stati parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale.
3. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo dell'affidamento familiare, della Kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in adeguati istituti per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica. 

Siti di riferimento:




 

venerdì 10 agosto 2012

Comunicato stampa sulla Sanatoria

Dietro la regolarizzazione poche certezze e molti rischi


Comunicato stampa del TAVOLO MIGRANTI TERNI


Tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2012 chi ha impiegato lavoratori e lavoratrici
migranti senza permesso potrà regolarizzare la propria e la loro posizione, pagando
mille euro subito e, successivamente, almeno sei mesi di contributi non versati. Far
emergere dall'invisibilità chi non ha mai avuto un permesso o chi l'ha perso anche
a causa della crisi è opportuno e necessario, ma il mezzo scelto dal Governo Monti
è sbagliato e muove dalla volontà di far cassa. Queste sono le nostre critiche: la
regolarizzazione è onerosa, non garantisce l'instaurazione di un effettivo rapporto
di lavoro ed espone le persone irregolari alle truffe, come già accaduto in occasione
dell'ultima sanatoria del 2009. Pertanto, come Tavolo Migranti di Terni, costituito
di recente per creare occasioni di confronto e di lavoro comune, ci impegneremo
a fornire una corretta informazione della procedura di regolarizzazione attraverso
incontri, punti di assistenza e un opuscolo. Chiunque fosse interessato a collaborare
potrà contattare le organizzazioni che fanno parte del Tavolo.



Aderiscono al Tavolo Migranti di Terni:
ACLI, ARCI, Associazione dominicana Mirabal, Associazione Insieme
nel mondo, Associazione Le Campane dell'Ucraina, Caritas Diocesana, CGIL, CISL, FAI
Federazione Associazioni Immigrati, Il Pettirosso

domenica 1 luglio 2012

Attesa occupazione. Ora il permesso dura un anno



Il permesso per attesa occupazione
allungato fino ad un anno


Il Parlamento ha finalmente approvato una norma che da più tempo ai migranti
che hanno perso il lavoro e che non riescono a trovarlo.





All'interno della tanto discussa legge che prevede una sostanziale modifica della regolamentazione del mercato del lavoro e che introduce ulteriori elementi di precarietà, c'è una modifica importante che, tuttavia, poteva anche essere regolamentata senza il lungo passaggio parlamentare. 


Il Parlamento ha finalmente riconoscimento la maggiore vulnerabilità dei migranti disoccupati, infatti il permesso di soggiorno che si chiamerà di "attesa occupazione" durerà un anno, quindi sei mesi in più rispetto a quanto previsto in passato. Inoltre viene riconosciuto il diritto al prolungamento del permesso, se - come da noi sostenuto più volte - il migrante beneficia di prestazioni di sostegno al reddito (indennità, etc.) o di misure a favore del reinserimento nel mondo del lavoro (corsi di formazione, work experience, etc.). 

Viene quindi modificato l'Art. 22 comma 11 del Testo Unico sull'Immigrazione (D.Lgs. 286/98), sostituendo le parole “per un periodo non inferiore a sei mesi” con le seguenti: “per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al periodo precedente, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b)”.

Le altre importanti modifiche del sistema che regola i rapporti di lavoro e che riguardano anche i lavoratori migranti sono sul licenziamento e sugli ammortizzatori sociali. Prima della modifica dell’articolo 18, il lavoratore che veniva licenziato per giusta causa, doveva essere reintegrato in azienda a seguito anche di un indennizzo economico; oggi, invece, solo in caso di licenziamento per motivi discriminatori c’è il reintegro, mentre negli altri casi sarà il giudice a decidere tra reintegro o risarcimento. Per quanto riguarda invece gli ammortizzatori sociali, come l’indennità di mobilità, l’assegno di disoccupazione, gli incentivi alla mobilità, ecc.. saranno sostituiti a partire dal 2017 da un nuovo ammortizzatore, l'Aspi (Assicurazione sociale per l'impiego).


sabato 16 giugno 2012

Open space a Perugia contro le discriminazioni

SABATO 23 GIUGNO, dalle 9.00 alle 13.00

a Perugia (Sede Consulta per l'immigrazione)

OPEN SPACE

per costruire la rete regionale
contro le discriminazioni
e per i diritti di cittadinanza

NON MANCATE



martedì 5 giugno 2012

Il lavoro che (non) c'è

Riprendono gli incontri di Ondemigranti

Sabato 9 Giugno 
si svolgerà a Foligno un incontro di formazione legale sul
diritto dell'immigrazione e lavoro


La partecipazione è gratuita

martedì 29 maggio 2012

Studenti stranieri; a.a. 2012/2013


Al via le domande per iscriversi ad un corso universitario in Italia nell'anno accademico 2012/2013


La procedura riguarda solo gli studenti non comunitari residenti all'estero


Fonte: MIUR

PRIMA SCADENZA: 29 giugno 2012
Dal 28 maggio al 29 giugno 2012 i giovani interessati devono presentare la domanda di preiscrizione alla Rappresentanza diplomatica italiana nel Paese di provenienza. Prima di fare domanda vi invitiamo a consultare l'elenco delle Università e di controllare se il corso di laurea è a "numero chiuso".

[Nei paesi in cui il 29 giugno 2012 coincide con un giorno festivo, la scadenza si ritiene fissata al lunedì 2 luglio 2012]



Ecco le principali cose da sapere:

Ogni altra informazione è disponibile alla pagina dedicata del Ministero (VAI)

lunedì 21 maggio 2012

Il futuro attraverso un decreto

E' partita la discussione sul decreto flussi

Uno strumento superato oppure l'unico mezzo per regolare le migrazioni?




La storia e l'attualità del mondo è molto più complicata di quanto si creda. Le lingue parlate in giro per il pianeta ci raccontano di una storia passata dove erano le potenze europee a spostarsi negli altri continenti. Vedere oggi nei migranti, quindi nei decreti flussi che ne regolano o limitano l'accesso regolare, un'onda fatta di persone sprovvedute che si ammassano ai confini per entrare e per non trovare altro che disoccupazione è un errore grossolano. Mettere sullo stesso piano l'arrivo o la regolarizzazione degli immigrati con l'aumento della disoccupazione serve solo ad alzare la tensione; quando poi queste affermazioni arrivano da fonti istituzionali assumono anche un carattere di verità ineluttabile. Ma non è la realtà; o meglio, è solo una parte del problema. Quella che apparentemente si risolve in modo semplice: niente decreto flussi. 

La materia è senza dubbio complicata, un po' come i flussi dei migranti che in molti hanno paragonato ad un piatto di spaghetti difficile da comprendere nelle sue linee di sviluppo, nelle sue traiettorie. Ma andiamo per passi. Pochi giorni fa il Ministro dell'Interno Cancellieri ha confermato una scelta già fatta dal governo Berlusconi, annunciando che nell'arco dell'anno non ci sarà alcun decreto flussi. Se poi questo strumento sia mai effettivamente servito per far arrivare persone dall'estero con un contratto di lavoro in mano e senza aver mai conosciuto il cosiddetto datore di lavoro lo lasciamo alla fantasia del lettore. Da parte nostra ci limitiamo a ricordare che nell'ultimo anno, dati alla mano forniti dall'ENM, circa 600.000 permessi non sono stati rinnovati, molti dei quali per motivi di lavoro, e che nell'arco di due giorni il decreto flussi per lavoro stagionale ha visto l'esaurimento delle quote messe a disposizione. Si tratta di un campanello di allarme che dice una cosa: le file delle persone senza permesso si stanno ingrossando. Alcuni tornano nel proprio paese; altri diventano invisibili lungo lo stivale.

Certo; in un periodo di crisi come questo le ben note truffe sui decreti flussi, basate su proposte di lavoro false rilasciate dietro pagamento, potrebbero aumentare. Ma non è negando un rapporto di lavoro veritiero che si da una mano al processo di integrazione. Inoltre non si può addossare ai lavoratori stranieri la colpa di una crisi che ha ben altra origine e che proprio i migranti stanno pagando più di altri, abbandonando un progetto migratorio che avrebbe fatto bene a loro stessi e a tutti noi. 

C'è chi sostiene che a fronte del numero crescente di disoccupati, consentire l'arrivo di nuovi stranieri rischia di alimentare tensioni razziali e gli atti di discriminazioni, fornendo alle destre nazionaliste un'occasione per sfoderare la loro peggior e controproducente retorica. Ma la disoccupazione può essere affrontata semplicemente evitando che le fila dei senza lavoro aumentino? Crediamo di no, perché un Paese, e un continente, che invecchia, se vuole guardare al futuro, deve semplicemente sapere che senza l'arrivo (seppur minimo) di nuove persone, probabilmente la crisi è solo destinata ad aggravarsi. Questa azione, però, deve necessariamente essere associata ad una politica per il lavoro, che tolga lo scettro all'alta finanza per darlo in mano alle genti che popolano l'Europa.

La nostra opinione è che il sistema delle quote è un sistema di programmazione che non funziona, se mai abbia davvero funzionato, e che va superato. La difficile situazione economica può spingere a pensare a strumenti davvero efficaci, che contrastino il ritorno del sommerso senza colpire le vittime, cioè le persone prive di permesso di soggiorno. Decidere semplicemente di non fare un decreto flussi è un modo errato di porre la discussione.

mercoledì 16 maggio 2012

Da oggi i notiziari di Ondemigranti sono disponibili anche sul canale youtube


 NOTIZIARIO IN ARABO

 NOTIZIARIO IN ALBANESE

 NOTIZIARIO IN SPAGNOLO


DA OGGI 15 MAGGIO 2012, OGNI SETTIMANA SUL CANALE YOUTUBE DI ONDEMIGRANTI POTRETE RIASCOLTARE I NOTIZIARI IN LINGUA DELLA SETTIMANA



giovedì 10 maggio 2012

Immigrati cittadini: vogliamo votare!


La ricerca europea "Immigrant Citizen Survey"
mostra che gli immigrati vogliono poter votare
ed esprimere il proprio giudizio.

In tempi di crisi il loro contributo è due volte importante:
perché è giusto e perché è opportuno.





In questi giorni nel Comune di Terni si sta consumando un dibattito contro tendenza: infatti, mentre i nuovi cittadini privi di diritti politici crescono e acquistano consapevolezza, nel Consiglio comunale della città umbra è in corso un dibattito su come concedere (o meglio contenere) la partecipazione in un organismo - la Consulta comunale sull'immigrazione - che sulla carta non ha alcun potere.


Ma cosa pensano gli immigrati che vivono in Italia e in Europa?



Ce lo dice una ricerca condotta su scala europea, denominata Immigrant Citizens Survey (ICS), che proprio in questi giorni sta pubblicando i primi risultati e che ha chiesto ai migranti di esprimere il proprio parere a partire da questioni legate alla vita quotidiana, quindi di stabilire quali bisogni siano prioritari rispetto all'intervento pubblico.


La ricerca, promossa dalla King Baudouin Foundation, dalla Oak Foundation e dalla Calouste Gulbenkian Foundation, co-finanziata dalla Commissione Europee a condotta con da 19 organizzazioni partner, tra cui la Fondazione Ismu e la ReteG2 – Seconde Generazioni, ha coinvolto i cittadini immigrati di 15 città in sette Paesi differenti: Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Portogallo e Spagna. 

Il primo dato rilevate è che 3/4 degli immigrati europei sono o desiderano diventare cittadini nel loro Paese di residenza, poiché ciò potrebbe contribuire a farli sentire più stabili, a ottenere un lavoro migliore e a facilitare l'accesso all'istruzione. Complessivamente il livello di soddisfazione nei confronti della propria vita quotidiana nelle città italiane si attesta poco sopra la sufficienza (6.5/10), quindi in linea con il giudizio in genere espresso dalla popolazione autoctona.

In merito alla partecipazione civica e politica, come afferma Mohamed Tailmoun, portavoce della Rete G2, "i risultati mostrano chiaramente che c'è un desiderio di cittadinanza e di partecipazione da parte degli immigrati e dei loro figli, di cui la classe politica, specialmente in questa fase di crisi del vecchio continente, deve tenere conto". Dello stesso parere il Prof. Blangiardo della Fondazione ISMU, che sostiene la necessità di aggiornare il piano normativo e culturale del vecchio continente. 

Nel dettaglio, infatti, la maggior parte degli intervistati (quasi l'80%) si dichiara pronta a votare e, in Italia, emerge una maggiore propensione alla vita politica e civica dei cittadini immigrati rispetto agli altri Paesi, poiché il livello di adesione ai partiti è identico a quello degli italiani e il 14,6% è iscritto ad associazioni (contro il 5,5% dei cittadini autoctoni). 

In altre parole i cittadini immigrati sono più pronti di quanto il ceto politico nazionale e locale possa immaginare.

venerdì 4 maggio 2012

L'Italia sono anch'io...ma non posso votare!

Le elezioni amministrative sono alle porte, 
ma molti non possono votare.


Il 6 e il 7 maggio 2012 ci saranno le elezioni amministrative. Sappiamo che in democrazia non conta solo il diritto di voto; democrazia è anche sinonimo di diritti, di uguaglianza e di libertà. Ma come chiamare un paese dove di anno in anno, di elezione in elezione aumenta il numero delle persone cresciute in Italia, ma che sono private del diritto al voto?
Il tema del suffragio universale torna d'attualità, sebbene si tratti di elezioni locali e, in tempi di tagli drastici e di recessione, il potere delle amministrazioni comunali siano davvero limitati. Il problema, però, non è quello sull'utilità del voto o meno, che ogni elettore dovrebbe valutare indipendentemente. Il problema è che c'è una parte importante di giovani e meno giovani che vorrebbero votare, ma non possono. Sono un pezzo d'Italia, ma sono considerati stranieri.
Per questo serve una riforma della legge sulla cittadinanza e sulla partecipazione politica locale. Il Comitato nazionale della Campagna "L'Italia sono anch'io" denuncia che circa il 5% (con punte del 15%) della popolazione residente nei Comuni non può votare, venendo di fatto esclusi materialmente e simbolicamente dalla possibilità di decidere cosa fare sul proprio territorio.
Ci sono candidati di origine straniera, ma sono davvero pochi. Eppure avrebbero modo di dare un aiuto importante all'integrazione e allo sviluppo di politiche innovative; in particolare le seconde generazioni, che più di altri subiscono questa democrazia limitata.
Per denunciare questa ingiustizia, il Comitato "L’Italia sono anch’io" distribuirà nei prossimi giorni un adesivo con la frase: "Io non posso votare". L'obiettivo dell'iniziativa, alla quale aderiamo, è quello di avere una nuova legge sulla cittadinanza e sulla partecipazione politica, che è stata firmata da oltre centomila elettori e che, per ora, giace in Parlamento.

sabato 21 aprile 2012

Via libera al lavoro stagionale

Il decreto flussi per lavoro stagionale 
è stato finalmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale


Dalla mattina del 21 aprile è possibile inviare le domande di assunzione per i lavoratori non comunitari, da impiegare nel lavoro stagionale.

Ricordiamo che:
  • la domande vanno compilate e inviate attraverso il sito nullaostalavoro.interno.it;
  • che per richiedere il nulla osta al lavoro stagionale si deve usare il modello C;
  • che le domande vanno inviate a cura di chi assume;
  • che i cittadini stranieri di paesi comunitari devono essere cittadini di uno dei seguenti paesi: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia Herzegovina, Croazia, Egitto, Repubblica delle Filippine, Gambia, Ghana, India, Kosovo, Repubblica ex Jugoslavia di Macedonia, Marocco, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Ucraina, Tunisia.
  • che, solo in alcuni casi e in assenza di risposta da parte, trascorsi 20 giorni dall'invio della domanda, questa va considerata accettata d'ufficio. 
Per maggiori informazioni, vai alla pagina seguente >

mercoledì 28 marzo 2012

Lavoro stagionale. Firmato il Decreto


Sono previsti 35.000 ingressi per "lavoro stagionale".

Le domande si possono già compilare, ma per l'invio si deve attendere la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 




Il Decreto che annuncia la possibilità di ingresso per "lavoro stagionale" è stato firmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Si tratta del DPCM del 13.03.2012. Sono previsti 35.000 ingressi di cittadini stranieri, ripartiti per Province in base ai criteri indicati nella Circolare del 5 aprile 2012 (vedi), che provengono dai seguenti paesi: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Croazia, Egitto, Repubblica delle Filippine, Gambia, Ghana, India, Kosovo, Repubblica ex Jugoslavia di Macedonia, Marocco, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Ucraina, Tunisia.

Chi ha la cittadinanza di altri paesi, non potrà fare domanda. Le 35.000 quote saranno ripartite tra le Regioni e le Province Autonome. 

Le domande (Modello C-Stag) possono essere già compilate dai datori di lavoro su sito dedicato del Ministero dell'Interno; clicca QUI, per accedere al sito dedicato. 

Ricordiamo che i migranti che in passato hanno già usufruito di almeno due permessi di soggiorno per "lavoro stagionale", tramite il datore di lavoro, potrà ricevere un nulla osta pluriennale, quindi la possibilità di trovare un'altra occupazione al termine del lavoro stagionale del 2012. Inoltre, se il lavoratore ha già avuto un contratto di lavoro stagionale nell'ultimo anno e se non ci saranno comunicazioni da parte dell'Autorità, la domanda di ingresso sarà considerata accettata trascorsi 20 giorni dall'invio. In tal caso il lavoratore potrà recarsi direttamente presso la sede consolare italiana e chiedere in visto di ingresso.

Il Decreto prevede anche l'ingresso di 4.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero, che abbiano completato un programma di formazione professionale nel Paese di origine, così come previsto dall'Art. 23 del Testo Unico sull'Immigrazione (D.Lgs. 286/98). 

venerdì 16 marzo 2012

Permesso a punti. Ecco cosa prevede


Un permesso a punti per chi richiede il primo rilascio del permesso di soggiorno 

Dal 12 marzo viene applicata la nuova normativa per chi entra in Italia per la prima volta e richiede un permesso rinnovabile: con la firma dell'Accordo di integrazione, gli stranieri ricevono 16 punti subito e si impegnano a raggiungere 30 punti in 2 (massimo 3) anni. 
Ma i punti si potranno anche perdere.



L'Accordi di integrazione è entrato in vigore dal 12 marzo, ma per vederlo all’opera sarà necessario attendere i primi nuovi ingressi in Italia con un visto che consente di richiedere un permesso di soggiorno rinnovabile, come quelli per lavoro o famiglia. 
La decisione è stata presa dal Governo Berlusconi, ma è entrata in vigore solo da pochi giorni. Dopo la tassa di soggiorno arriva un nuovo obbligo per gli immigrati NON comunitari, che, se di età superiore ai sedici anni (ad esclusione delle persone affette da patologie, dei minori non accompagnati e delle vittime di tratta), dovranno sottoscrivere un Accordo.
La firma li obbliga a seguire un percorso di inserimento e li inserisce dentro un ambizioso sistema di crediti e debiti, che introduce nuovi doveri, ma pochi diritti e tutti sulla carta. La firma è obbligatoria, perché è legata al rilascio del primo permesso di soggiorno. 
Agli stranieri saranno assegnati da subito 16 punti, che potranno aumentare se si seguiranno con esito positivo i corsi di lingua livello A2, di educazione civica (che saranno organizzati dalle Prefetture in 19 lingue). Concorrono all'aumento dei punti anche scelta del medico di base, la frequenza di percorsi formativi, l'avvio di attività imprenditoriali, la stipula di contratti di affitto. Al contrario ogni tipo di condanna civile o penale (anche non definitiva), illeciti amministrativi (multe) o tributari e altre misure punitive causeranno la perdita di punti. Chi perde tutti i punti, perderà il permesso di soggiorno; è previsto dall'Art. 4 bis del Testo Unico e si applica a tutti, ma ci sono delle eccezioni: soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell’Unione europea.
Da parte sua lo Stato, che firmerà l'Accordo, assicura la parità di trattamento e il dovere di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Secondo l’art 2 coma 6 del Decreto, “lo Stato si impegna a sostenere il processo di integrazione dello straniero…”. Si tratta di un'affermazione davvero ambiziosa, che, se impugnata dagli stranieri sfruttati o vessati, potrebbe aprire la strada per l'ennesima tutela per via giudiziaria dei diritti di parità di trattamento, già sanciti dalla Costituzione, e che dovrebbero essere assicurati attraverso adeguate misure politiche e non tramite percorsi discutibili come quello del permesso a punti.
L'Accordo di integrazione sarà firmato in due copie: una in italiano e l'altra, conforme all'originale, in una lingua comprensibile allo straniero di nuovo ingresso.
I punti saranno contenuti nel permesso elettronico e potranno essere verificati dal titolare del permesso di soggiorno attraverso un sito dedicato [vedi]. Pertanto, l'applicazione dell'Accordo di integrazione, in base all'andamento dei punti, potrà dare i seguenti scenari:
1) ACCORDO RISPETTATO se entro 2, massimo 3 anni, lo straniero raggiunge almeno 30 punti, supera l'esame di lingua italiana (livello A2) e la prova di cultura civica; l'aumento dei punti o la loro perdita prosegue negli anni successivi e, se scende sotto i 30 punti, non pregiudica il rispetto dell'Accordo.
2) ACCORDO NON RISPETTATO e conseguente espulsione se dopo 3 anni non sono stati raggiunti almeno 30 punti, se non si è superato l'esame di lingue italiana (livello A2) o se non si è frequentato con esito positivo il corso di cultura civica. L'Accordo non viene rispettato anche nel caso in cui si perdono tutti i punti. Se lo straniero che non rispetta l'accordo si troverà nella condizione di non poter essere espulso, l’inadempimento dell’accordo viene sospeso.
Come già detto, il rispetto dell'Accordo sembra essere tutto sulle spalle degli stranieri, ma la firma da parte dello Stato, che si impegna a garantire una sostanziale uguaglianza, può dare sostanza giuridica a un dovere che fino ad oggi era solo un obiettivo costituzionale: garantire pari diritti.