martedì 29 maggio 2012

Studenti stranieri; a.a. 2012/2013


Al via le domande per iscriversi ad un corso universitario in Italia nell'anno accademico 2012/2013


La procedura riguarda solo gli studenti non comunitari residenti all'estero


Fonte: MIUR

PRIMA SCADENZA: 29 giugno 2012
Dal 28 maggio al 29 giugno 2012 i giovani interessati devono presentare la domanda di preiscrizione alla Rappresentanza diplomatica italiana nel Paese di provenienza. Prima di fare domanda vi invitiamo a consultare l'elenco delle Università e di controllare se il corso di laurea è a "numero chiuso".

[Nei paesi in cui il 29 giugno 2012 coincide con un giorno festivo, la scadenza si ritiene fissata al lunedì 2 luglio 2012]



Ecco le principali cose da sapere:

Ogni altra informazione è disponibile alla pagina dedicata del Ministero (VAI)

lunedì 21 maggio 2012

Il futuro attraverso un decreto

E' partita la discussione sul decreto flussi

Uno strumento superato oppure l'unico mezzo per regolare le migrazioni?




La storia e l'attualità del mondo è molto più complicata di quanto si creda. Le lingue parlate in giro per il pianeta ci raccontano di una storia passata dove erano le potenze europee a spostarsi negli altri continenti. Vedere oggi nei migranti, quindi nei decreti flussi che ne regolano o limitano l'accesso regolare, un'onda fatta di persone sprovvedute che si ammassano ai confini per entrare e per non trovare altro che disoccupazione è un errore grossolano. Mettere sullo stesso piano l'arrivo o la regolarizzazione degli immigrati con l'aumento della disoccupazione serve solo ad alzare la tensione; quando poi queste affermazioni arrivano da fonti istituzionali assumono anche un carattere di verità ineluttabile. Ma non è la realtà; o meglio, è solo una parte del problema. Quella che apparentemente si risolve in modo semplice: niente decreto flussi. 

La materia è senza dubbio complicata, un po' come i flussi dei migranti che in molti hanno paragonato ad un piatto di spaghetti difficile da comprendere nelle sue linee di sviluppo, nelle sue traiettorie. Ma andiamo per passi. Pochi giorni fa il Ministro dell'Interno Cancellieri ha confermato una scelta già fatta dal governo Berlusconi, annunciando che nell'arco dell'anno non ci sarà alcun decreto flussi. Se poi questo strumento sia mai effettivamente servito per far arrivare persone dall'estero con un contratto di lavoro in mano e senza aver mai conosciuto il cosiddetto datore di lavoro lo lasciamo alla fantasia del lettore. Da parte nostra ci limitiamo a ricordare che nell'ultimo anno, dati alla mano forniti dall'ENM, circa 600.000 permessi non sono stati rinnovati, molti dei quali per motivi di lavoro, e che nell'arco di due giorni il decreto flussi per lavoro stagionale ha visto l'esaurimento delle quote messe a disposizione. Si tratta di un campanello di allarme che dice una cosa: le file delle persone senza permesso si stanno ingrossando. Alcuni tornano nel proprio paese; altri diventano invisibili lungo lo stivale.

Certo; in un periodo di crisi come questo le ben note truffe sui decreti flussi, basate su proposte di lavoro false rilasciate dietro pagamento, potrebbero aumentare. Ma non è negando un rapporto di lavoro veritiero che si da una mano al processo di integrazione. Inoltre non si può addossare ai lavoratori stranieri la colpa di una crisi che ha ben altra origine e che proprio i migranti stanno pagando più di altri, abbandonando un progetto migratorio che avrebbe fatto bene a loro stessi e a tutti noi. 

C'è chi sostiene che a fronte del numero crescente di disoccupati, consentire l'arrivo di nuovi stranieri rischia di alimentare tensioni razziali e gli atti di discriminazioni, fornendo alle destre nazionaliste un'occasione per sfoderare la loro peggior e controproducente retorica. Ma la disoccupazione può essere affrontata semplicemente evitando che le fila dei senza lavoro aumentino? Crediamo di no, perché un Paese, e un continente, che invecchia, se vuole guardare al futuro, deve semplicemente sapere che senza l'arrivo (seppur minimo) di nuove persone, probabilmente la crisi è solo destinata ad aggravarsi. Questa azione, però, deve necessariamente essere associata ad una politica per il lavoro, che tolga lo scettro all'alta finanza per darlo in mano alle genti che popolano l'Europa.

La nostra opinione è che il sistema delle quote è un sistema di programmazione che non funziona, se mai abbia davvero funzionato, e che va superato. La difficile situazione economica può spingere a pensare a strumenti davvero efficaci, che contrastino il ritorno del sommerso senza colpire le vittime, cioè le persone prive di permesso di soggiorno. Decidere semplicemente di non fare un decreto flussi è un modo errato di porre la discussione.

mercoledì 16 maggio 2012

Da oggi i notiziari di Ondemigranti sono disponibili anche sul canale youtube


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 NOTIZIARIO IN ALBANESE

 NOTIZIARIO IN SPAGNOLO


DA OGGI 15 MAGGIO 2012, OGNI SETTIMANA SUL CANALE YOUTUBE DI ONDEMIGRANTI POTRETE RIASCOLTARE I NOTIZIARI IN LINGUA DELLA SETTIMANA



giovedì 10 maggio 2012

Immigrati cittadini: vogliamo votare!


La ricerca europea "Immigrant Citizen Survey"
mostra che gli immigrati vogliono poter votare
ed esprimere il proprio giudizio.

In tempi di crisi il loro contributo è due volte importante:
perché è giusto e perché è opportuno.





In questi giorni nel Comune di Terni si sta consumando un dibattito contro tendenza: infatti, mentre i nuovi cittadini privi di diritti politici crescono e acquistano consapevolezza, nel Consiglio comunale della città umbra è in corso un dibattito su come concedere (o meglio contenere) la partecipazione in un organismo - la Consulta comunale sull'immigrazione - che sulla carta non ha alcun potere.


Ma cosa pensano gli immigrati che vivono in Italia e in Europa?



Ce lo dice una ricerca condotta su scala europea, denominata Immigrant Citizens Survey (ICS), che proprio in questi giorni sta pubblicando i primi risultati e che ha chiesto ai migranti di esprimere il proprio parere a partire da questioni legate alla vita quotidiana, quindi di stabilire quali bisogni siano prioritari rispetto all'intervento pubblico.


La ricerca, promossa dalla King Baudouin Foundation, dalla Oak Foundation e dalla Calouste Gulbenkian Foundation, co-finanziata dalla Commissione Europee a condotta con da 19 organizzazioni partner, tra cui la Fondazione Ismu e la ReteG2 – Seconde Generazioni, ha coinvolto i cittadini immigrati di 15 città in sette Paesi differenti: Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Portogallo e Spagna. 

Il primo dato rilevate è che 3/4 degli immigrati europei sono o desiderano diventare cittadini nel loro Paese di residenza, poiché ciò potrebbe contribuire a farli sentire più stabili, a ottenere un lavoro migliore e a facilitare l'accesso all'istruzione. Complessivamente il livello di soddisfazione nei confronti della propria vita quotidiana nelle città italiane si attesta poco sopra la sufficienza (6.5/10), quindi in linea con il giudizio in genere espresso dalla popolazione autoctona.

In merito alla partecipazione civica e politica, come afferma Mohamed Tailmoun, portavoce della Rete G2, "i risultati mostrano chiaramente che c'è un desiderio di cittadinanza e di partecipazione da parte degli immigrati e dei loro figli, di cui la classe politica, specialmente in questa fase di crisi del vecchio continente, deve tenere conto". Dello stesso parere il Prof. Blangiardo della Fondazione ISMU, che sostiene la necessità di aggiornare il piano normativo e culturale del vecchio continente. 

Nel dettaglio, infatti, la maggior parte degli intervistati (quasi l'80%) si dichiara pronta a votare e, in Italia, emerge una maggiore propensione alla vita politica e civica dei cittadini immigrati rispetto agli altri Paesi, poiché il livello di adesione ai partiti è identico a quello degli italiani e il 14,6% è iscritto ad associazioni (contro il 5,5% dei cittadini autoctoni). 

In altre parole i cittadini immigrati sono più pronti di quanto il ceto politico nazionale e locale possa immaginare.

venerdì 4 maggio 2012

L'Italia sono anch'io...ma non posso votare!

Le elezioni amministrative sono alle porte, 
ma molti non possono votare.


Il 6 e il 7 maggio 2012 ci saranno le elezioni amministrative. Sappiamo che in democrazia non conta solo il diritto di voto; democrazia è anche sinonimo di diritti, di uguaglianza e di libertà. Ma come chiamare un paese dove di anno in anno, di elezione in elezione aumenta il numero delle persone cresciute in Italia, ma che sono private del diritto al voto?
Il tema del suffragio universale torna d'attualità, sebbene si tratti di elezioni locali e, in tempi di tagli drastici e di recessione, il potere delle amministrazioni comunali siano davvero limitati. Il problema, però, non è quello sull'utilità del voto o meno, che ogni elettore dovrebbe valutare indipendentemente. Il problema è che c'è una parte importante di giovani e meno giovani che vorrebbero votare, ma non possono. Sono un pezzo d'Italia, ma sono considerati stranieri.
Per questo serve una riforma della legge sulla cittadinanza e sulla partecipazione politica locale. Il Comitato nazionale della Campagna "L'Italia sono anch'io" denuncia che circa il 5% (con punte del 15%) della popolazione residente nei Comuni non può votare, venendo di fatto esclusi materialmente e simbolicamente dalla possibilità di decidere cosa fare sul proprio territorio.
Ci sono candidati di origine straniera, ma sono davvero pochi. Eppure avrebbero modo di dare un aiuto importante all'integrazione e allo sviluppo di politiche innovative; in particolare le seconde generazioni, che più di altri subiscono questa democrazia limitata.
Per denunciare questa ingiustizia, il Comitato "L’Italia sono anch’io" distribuirà nei prossimi giorni un adesivo con la frase: "Io non posso votare". L'obiettivo dell'iniziativa, alla quale aderiamo, è quello di avere una nuova legge sulla cittadinanza e sulla partecipazione politica, che è stata firmata da oltre centomila elettori e che, per ora, giace in Parlamento.