giovedì 10 maggio 2012

Immigrati cittadini: vogliamo votare!


La ricerca europea "Immigrant Citizen Survey"
mostra che gli immigrati vogliono poter votare
ed esprimere il proprio giudizio.

In tempi di crisi il loro contributo è due volte importante:
perché è giusto e perché è opportuno.





In questi giorni nel Comune di Terni si sta consumando un dibattito contro tendenza: infatti, mentre i nuovi cittadini privi di diritti politici crescono e acquistano consapevolezza, nel Consiglio comunale della città umbra è in corso un dibattito su come concedere (o meglio contenere) la partecipazione in un organismo - la Consulta comunale sull'immigrazione - che sulla carta non ha alcun potere.


Ma cosa pensano gli immigrati che vivono in Italia e in Europa?



Ce lo dice una ricerca condotta su scala europea, denominata Immigrant Citizens Survey (ICS), che proprio in questi giorni sta pubblicando i primi risultati e che ha chiesto ai migranti di esprimere il proprio parere a partire da questioni legate alla vita quotidiana, quindi di stabilire quali bisogni siano prioritari rispetto all'intervento pubblico.


La ricerca, promossa dalla King Baudouin Foundation, dalla Oak Foundation e dalla Calouste Gulbenkian Foundation, co-finanziata dalla Commissione Europee a condotta con da 19 organizzazioni partner, tra cui la Fondazione Ismu e la ReteG2 – Seconde Generazioni, ha coinvolto i cittadini immigrati di 15 città in sette Paesi differenti: Belgio, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Portogallo e Spagna. 

Il primo dato rilevate è che 3/4 degli immigrati europei sono o desiderano diventare cittadini nel loro Paese di residenza, poiché ciò potrebbe contribuire a farli sentire più stabili, a ottenere un lavoro migliore e a facilitare l'accesso all'istruzione. Complessivamente il livello di soddisfazione nei confronti della propria vita quotidiana nelle città italiane si attesta poco sopra la sufficienza (6.5/10), quindi in linea con il giudizio in genere espresso dalla popolazione autoctona.

In merito alla partecipazione civica e politica, come afferma Mohamed Tailmoun, portavoce della Rete G2, "i risultati mostrano chiaramente che c'è un desiderio di cittadinanza e di partecipazione da parte degli immigrati e dei loro figli, di cui la classe politica, specialmente in questa fase di crisi del vecchio continente, deve tenere conto". Dello stesso parere il Prof. Blangiardo della Fondazione ISMU, che sostiene la necessità di aggiornare il piano normativo e culturale del vecchio continente. 

Nel dettaglio, infatti, la maggior parte degli intervistati (quasi l'80%) si dichiara pronta a votare e, in Italia, emerge una maggiore propensione alla vita politica e civica dei cittadini immigrati rispetto agli altri Paesi, poiché il livello di adesione ai partiti è identico a quello degli italiani e il 14,6% è iscritto ad associazioni (contro il 5,5% dei cittadini autoctoni). 

In altre parole i cittadini immigrati sono più pronti di quanto il ceto politico nazionale e locale possa immaginare.

Nessun commento:

Posta un commento