giovedì 27 dicembre 2012

SOS Rosarno


Lo sfruttamento dei lavoratori nelle campagne è ormai diffuso in tutto il territorio del nostro paese. Lavoratori “invisibili”, sfruttati da un sistema di caporalato e dalle agro mafie. Ogni anno, secondo il rapporto su caporalato e agromafie curato da Flai Cgil, lavorano nelle campagne circa 700mila lavoratori stranieri regolari e irregolari per permettere l'arrivo del cibo sulle nostre tavole. Lo sfruttamento non riguarda solo il sud ma anche regioni come Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana. Il lavoro svolto viene, spesso, pagato a cottimo, ovvero 3,5 euro il cassone per la raccolta dei pomodori  o 4 euro l'ora nelle campagne del Piemonte, il tutto senza contratto per giornate lavorative di 12/16 ore. Nonostante le nuove norme sul caporalato entrate in vigore nel settembre 2011 e nel luglio 2012, che hanno introdotto il reato di caporalato e la possibilità di concedere il permesso di soggiorno ai lavoratori che denunciano i propri sfruttatori, la situazione non è migliorata.
Nel frattempo però a Rosarno e nella piana di Gioia Tauro arrivano i lavoratori per la raccolta degli agrumi. Giuseppe Pugliese, portavoce dell'associazione Africalabria, durante l'intervista  andata in onda Martedi 11 dicembre, ci ha delineato il quadro dell'attuale situazione.
Sono  diversi i motivi dell'attuale crisi, da una parte il clima, che quest'anno non è stato dei migliori per gli agrumi e in particolare per le clementine, accompagnato da una  crisi strutturale che ricade inevitabilmente sui lavoratori stagionali. 
E' necessario denunciare il modo di fare accoglienza nel nostro paese, ad oggi non vi è nessun intervento nei confronti dei comuni di Rosarno e San Ferdinado ma un continuo rimpallo di responsabilità. Le tendopoli con una capienza massima di 280 persone "accolgono" 700 ragazzi, obbligati a sistemarsi intorno con ricoveri di fortuna identici a quelli che si sono cercati di evitare l'anno scorso. La situazione è identica, persone che vivono ancora senza acqua calda e con un solo bagno. Si sono ricreati i ghetti denunciati da Africalabria l'anno scorso ma senza nessun tipo di intervento.
Tra le cause di questa situazione c'è anche la politica agricola comunitaria e la grande distribuzione che impone costi bassi che inevitabilmente ricadono sul lavoratore. 
Un esempio, venti anni fa chi raccoglieva clementine prendeva dalle 1400 alle 1800 Lire al kg, oggi un produttore prende sulla pianta 18 centesimi. Data questa situazione, le possibilità sono tre: l'abbandono della terra, l'esproprio o un risparmio sulla manodopera. Attualmente si pagano 25 euro al giorno per bracciante e questa situazione genera  tensione. Le rivolte del 2010 sono accadute perchè una parte dei lavoratori ha perso la testa dopo l'ennesima aggressione violenta. 
La posizione giuridica dei lavoratori presenti a Rosarno è abbastanza variegata, vi sono rifugiati, titolari di protezione sussidiaria, umanitaria e titolari di permesso di soggiorno temporanei, gli irregolari sono sempre meno. 
Le arance arrivano sulle nostre tavole macchiate del sangue di chi lavora e le normative non bastano, perché se c'è una situazione di crisi e non si interviene in modo strutturale la situazione non può migliorare.
in tutto ciò però nascono anche esperienze positive, come sla campagna SOS Rosarno, in grado di dimostrare che è possibile produrre, senza sfruttare, senza usare pesticidi, in maniera naturale con un prezzo conveniente al consumatore e che retribuisce il produttore equamente (42 euro al giorno con contratto e contributi) è una cosa piccola ma ci dimostra come è possibile  migliorare la situazione. 







Per ordinare le arance e clementine della campagna SOS Rosarno contattare la cooperativa Monimbò in Umbria telefonicamente allo 0744 428093 (Terni) 075 5731719 (Perugia) 



giovedì 20 dicembre 2012

Anche Ondemigranti ha aderito a RADIO 18-12

La Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori migranti 
e dei membri delle loro famiglie 
garantirebbe il riconoscimento della migrazione come un fenomeno umano inevitabile.


Ogni anno, il 18 dicembre, 
si celebra la campagna per ricordare ai governi di ratificarla.




Ogni anno Ondemigranti aderisce a Radio 18-12, una iniziativa del Centro internazionale dei diritti umani dei migranti. Si tratta di un evento mondiale che lega insieme emittenti ed organizzazioni che si occupano del mondo dell'immigrazione, condividendo materiali video, audio e articoli che si occupano della Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

Il 18 dicembre 2012, grazie al sostegno di Radio Galileo, Ondemigranti ha realizzato una puntata straordinaria, intervistando esponenti del mondo sindacale e della cultura:

Alessandro Rampiconi della CGIL di Terni, in merito alla condizione dei migranti nel mercato del lavoro locale e alla Campagna "L'Europa sono anch'io".

Marcello Ricci del Centro per i Diritti Umani e l'Avv. Suzana Korrikuin merito alla nascita e alle caratteristiche della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. 

Daniele Vicari e Roland Sejko, autori di due film-documentari, "La nave dolce" e "Anija - La nave", riguardanti l'esodo del 1991 dei cittadini albanesi in Italia. A distanza di molti anni da quei fatti, abbiamo chiesto ai due autori quale sia oggi il ruolo della cinematografia rispetto al diritto/dovere alla memoria e alla necessità di liberarla dai pregiudizi negativi che hanno segnato per lungo tempo l'immaginario del fenomeno migratorio.


martedì 11 dicembre 2012

Concorsi pubblici e discriminazione




Per gli immigrati, la convivenza significa riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti, delle diversità e dei doveri. Per questo, gli immigrati non ritengono accettabile la loro esclusione da alcuni ambiti della vita civile, il permanere della discriminazione nell'accesso ai servizi pubblici, il peso del lavoro sommerso e, specialmente, le remore nel farsi carico, quanto alla cittadinanza, dei diritti dei figli degli immigrati nati in Italia".
Un’ esclusione dei cittadini extracomunitari si verifica quindi, nell’impossibilità di partecipare ai bandi per accedere al pubblico impiego in quanto uno dei requisiti previsti è la cittadinanza italiana e comunitaria e ciò configura un comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori stranieri in quanto viola il principio di uguaglianza e di parità di trattamento tra lavoratori migranti regolarmente soggiornanti e nazionali sancito dall’art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione, il quale rinvia alla Convenzione OIL n. 143/1975.
La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 139 del 15.04.2011, proprio sotto il profilo del contrasto con la fonte internazionale richiamata, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione, sollevata dal Tribunale di Rimini, di legittimità costituzionale dell'art. 38, co. 1 del T.U. pubblico impiego, (nella parte in cui afferma che “I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso te amministrazioni pubbliche”) ritenendo possibile e doverosa un'interpretazione conformativa della predetta disposizione perché “la norma in sé non preclude l’accesso ai posti pubblici da parte di cittadini extracomunitari”. Eventuali limitazioni all’accesso degli stranieri al pubblico impiego sono possibili nei soli casi imposti dall’interesse nazionale ovvero solo quando si tratta di posizioni lavorative implicanti l'esercizio di attività attinenti ad una funzione pubblica che comportano l’esercizio di pubblici poteri nelle forme proprie della P.A., per le quali è precluso l’accesso agli stessi cittadini comunitari. A questo punto è sufficiente osservare che l’aver previsto la partecipazione ai concorsi dei cittadini comunitari significa che la stessa amministrazione concorda sulla inesistenza di una questione di “pubbliche funzioni”.
Oltre alle norme sopra richiamate, in molti bandi che indicono un concorso pubblico non vengano presi in considerazione ulteriori e specifiche disposizioni provenienti da fonti comunitarie direttamente applicabili in Italia che, in ottica di tutela minima, garantiscono la parità di trattamento nell’accesso al lavoro a determinate categorie di persone: in particolare ai familiari dei cittadini dell’Unione Europea (art. 19 del d.lgs. n. 30/2007), ai familiari di cittadini italiani (art. 23 del d.lgs. n. 30/2007), ai soggiornanti di lungo periodo (art. 11 comma 1 della direttiva 2003/109/CE), ai rifugiati (art. 25 del d.lgs. n. 251 del 19.11.07).
Recentemente si è verificato l’esclusione dei cittadini stranieri dal concorso pubblico indetto dal MIUR per il reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di I e II grado L’Antenna Territoriale di Firenze, insieme all’Antenna di Roma, scrive al Ministro Profumo per chiedere la modifica del bando al fine di consentire la partecipazione dei cittadini stranieri aventi diritto
Con il decreto n. 82/2012 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha indetto, su base regionale, un concorso per titoli ed esami finalizzato alla copertura di 11.542 posti e cattedre di personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, nonché di posti di sostegno, risultanti vacanti e disponibili in ciascuna regione negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015. Il bando di concorso citato prevede tra i requisiti necessari per la partecipazione quello della cittadinanza italiana o comunitaria, con conseguente illegittima esclusione degli aspiranti docenti di cittadinanza non comunitaria, anche se titolari di titolo abilitativo all’insegnamento – il quale può essere conseguito anche dai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti attraverso lo svolgimento del cd. tirocinio formativo attivo (TFA) – e di ogni altro requisito di capacità e competenza previsto dal bando di concorso.
A seguito della mancata risposta del Ministro della Pubblica Istruzione alla segnalazione inviatagli dalle Antenne Territoriali Anti-discriminazione dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) di Roma e Firenze relativa alla illegittima esclusione, in ragione della cittadinanza, dal concorso per il reclutamento di 11.542 docenti, degli aspiranti professori regolarmente soggiornanti in Italia ed in possesso dei requisiti di competenza e capacità, l’Asgi e la Rete G2, unitamente alla dott.ssa N. B. residente in Italia da 20 anni, ove ha conseguito la Laurea in Chimica presso l’Università “La Sapienza” di Roma con il massimo dei voti, hanno deciso di rivolgersi al Tribunale di Roma perché, accertato il comportamento discriminatorio del Ministero, adotti i provvedimenti ritenuti opportuni e necessari per rimuovere la rilevata discriminazione.
Secondo i ricorrenti il bando pone in essere un’irragionevole differenza di trattamento tra lavoratori comunitari e non comunitari, in violazione del principio di non discriminazione nelle condizioni di lavoro rispetto al lavoratore nazionale, ribaditi dalla Convenzione O.I.L e dal Testo Unico immigrazione D.Lgs. 286/1998.
Il concorso per il reclutamento del personale docente non si è discostato da una illegittima prassi amministrativa, che, nonostante l’Italia sia diventata multietnica molti figli di immigrati nati e/o cresciuti qui finiscono gli studi ma solo il fatto di non aver la cittadinanza italiana vengono esclusi all’accesso al pubblico impiego pur possedendo tutti i titoli richiesti nei relativi bandi e quindi , di fatto, questa prassi impedisce alle persone di origine straniera di adempiere al dovere/diritto di piena partecipazione alla vita economico sociale del paese.
Ci si rammarica che anche il decreto legge Salva Infrazioni varato giovedì 6 dicembre 2012 dal governo per quanto riguarda l’accesso nella Pubblica Amministrazione, limitata ai titolari di carta di soggiorno e ai rifugiati, che era prevista nella bozza del decreto "salva infrazioni" non è stata approvata dal Consiglio dei Ministri. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali aveva chiesto infatti che tra le varie norme scritte per allineare l’Italia alle direttive dell'Ue ce ne fosse anche una che prevedesse “il diritto di accesso ai posti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni anche da parte dei cittadini di paesi terzi alle stesse condizioni dei cittadini UE”.
L’ invito, inizialmente, era stato accolto. Una bozza del Salva Infrazioni modificava infatti le norme sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Le stesse che già oggi prevedono che “i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale”.
Nella bozza arrivata giovedì a Palazzo Chigi si allargava questa possibilità ai familiari dei cittadini Ue “non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”. Ma anche “ai cittadini di Paesi Terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria”.
Sembrava una rivoluzione, che però si è fermata in Consiglio dei ministri. “Il Salva Infrazioni è stato notevolmente asciugato e molti articoli della bozza, tra cui quello sulle assunzioni degli stranieri nella Pubblica Amministrazione, sono stati eliminati” spiegano dal ministero per le Politiche Comunitarie. Quella norma verrà "recuperata"? E quando? "Non siamo in grado di dirlo". Di certo, anche alla luce della crisi di governo, la strada per un eventuale novità normativa in questa direzione appare in salita.
Per aggiornamenti Vi segnaliamo il sito Antidiscriminazione curato dall’ASGI (Associazione per gli Studi Giudici sull’Immigrazione)