martedì 11 dicembre 2012

Concorsi pubblici e discriminazione




Per gli immigrati, la convivenza significa riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti, delle diversità e dei doveri. Per questo, gli immigrati non ritengono accettabile la loro esclusione da alcuni ambiti della vita civile, il permanere della discriminazione nell'accesso ai servizi pubblici, il peso del lavoro sommerso e, specialmente, le remore nel farsi carico, quanto alla cittadinanza, dei diritti dei figli degli immigrati nati in Italia".
Un’ esclusione dei cittadini extracomunitari si verifica quindi, nell’impossibilità di partecipare ai bandi per accedere al pubblico impiego in quanto uno dei requisiti previsti è la cittadinanza italiana e comunitaria e ciò configura un comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori stranieri in quanto viola il principio di uguaglianza e di parità di trattamento tra lavoratori migranti regolarmente soggiornanti e nazionali sancito dall’art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione, il quale rinvia alla Convenzione OIL n. 143/1975.
La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 139 del 15.04.2011, proprio sotto il profilo del contrasto con la fonte internazionale richiamata, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione, sollevata dal Tribunale di Rimini, di legittimità costituzionale dell'art. 38, co. 1 del T.U. pubblico impiego, (nella parte in cui afferma che “I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso te amministrazioni pubbliche”) ritenendo possibile e doverosa un'interpretazione conformativa della predetta disposizione perché “la norma in sé non preclude l’accesso ai posti pubblici da parte di cittadini extracomunitari”. Eventuali limitazioni all’accesso degli stranieri al pubblico impiego sono possibili nei soli casi imposti dall’interesse nazionale ovvero solo quando si tratta di posizioni lavorative implicanti l'esercizio di attività attinenti ad una funzione pubblica che comportano l’esercizio di pubblici poteri nelle forme proprie della P.A., per le quali è precluso l’accesso agli stessi cittadini comunitari. A questo punto è sufficiente osservare che l’aver previsto la partecipazione ai concorsi dei cittadini comunitari significa che la stessa amministrazione concorda sulla inesistenza di una questione di “pubbliche funzioni”.
Oltre alle norme sopra richiamate, in molti bandi che indicono un concorso pubblico non vengano presi in considerazione ulteriori e specifiche disposizioni provenienti da fonti comunitarie direttamente applicabili in Italia che, in ottica di tutela minima, garantiscono la parità di trattamento nell’accesso al lavoro a determinate categorie di persone: in particolare ai familiari dei cittadini dell’Unione Europea (art. 19 del d.lgs. n. 30/2007), ai familiari di cittadini italiani (art. 23 del d.lgs. n. 30/2007), ai soggiornanti di lungo periodo (art. 11 comma 1 della direttiva 2003/109/CE), ai rifugiati (art. 25 del d.lgs. n. 251 del 19.11.07).
Recentemente si è verificato l’esclusione dei cittadini stranieri dal concorso pubblico indetto dal MIUR per il reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di I e II grado L’Antenna Territoriale di Firenze, insieme all’Antenna di Roma, scrive al Ministro Profumo per chiedere la modifica del bando al fine di consentire la partecipazione dei cittadini stranieri aventi diritto
Con il decreto n. 82/2012 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha indetto, su base regionale, un concorso per titoli ed esami finalizzato alla copertura di 11.542 posti e cattedre di personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, nonché di posti di sostegno, risultanti vacanti e disponibili in ciascuna regione negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015. Il bando di concorso citato prevede tra i requisiti necessari per la partecipazione quello della cittadinanza italiana o comunitaria, con conseguente illegittima esclusione degli aspiranti docenti di cittadinanza non comunitaria, anche se titolari di titolo abilitativo all’insegnamento – il quale può essere conseguito anche dai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti attraverso lo svolgimento del cd. tirocinio formativo attivo (TFA) – e di ogni altro requisito di capacità e competenza previsto dal bando di concorso.
A seguito della mancata risposta del Ministro della Pubblica Istruzione alla segnalazione inviatagli dalle Antenne Territoriali Anti-discriminazione dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) di Roma e Firenze relativa alla illegittima esclusione, in ragione della cittadinanza, dal concorso per il reclutamento di 11.542 docenti, degli aspiranti professori regolarmente soggiornanti in Italia ed in possesso dei requisiti di competenza e capacità, l’Asgi e la Rete G2, unitamente alla dott.ssa N. B. residente in Italia da 20 anni, ove ha conseguito la Laurea in Chimica presso l’Università “La Sapienza” di Roma con il massimo dei voti, hanno deciso di rivolgersi al Tribunale di Roma perché, accertato il comportamento discriminatorio del Ministero, adotti i provvedimenti ritenuti opportuni e necessari per rimuovere la rilevata discriminazione.
Secondo i ricorrenti il bando pone in essere un’irragionevole differenza di trattamento tra lavoratori comunitari e non comunitari, in violazione del principio di non discriminazione nelle condizioni di lavoro rispetto al lavoratore nazionale, ribaditi dalla Convenzione O.I.L e dal Testo Unico immigrazione D.Lgs. 286/1998.
Il concorso per il reclutamento del personale docente non si è discostato da una illegittima prassi amministrativa, che, nonostante l’Italia sia diventata multietnica molti figli di immigrati nati e/o cresciuti qui finiscono gli studi ma solo il fatto di non aver la cittadinanza italiana vengono esclusi all’accesso al pubblico impiego pur possedendo tutti i titoli richiesti nei relativi bandi e quindi , di fatto, questa prassi impedisce alle persone di origine straniera di adempiere al dovere/diritto di piena partecipazione alla vita economico sociale del paese.
Ci si rammarica che anche il decreto legge Salva Infrazioni varato giovedì 6 dicembre 2012 dal governo per quanto riguarda l’accesso nella Pubblica Amministrazione, limitata ai titolari di carta di soggiorno e ai rifugiati, che era prevista nella bozza del decreto "salva infrazioni" non è stata approvata dal Consiglio dei Ministri. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali aveva chiesto infatti che tra le varie norme scritte per allineare l’Italia alle direttive dell'Ue ce ne fosse anche una che prevedesse “il diritto di accesso ai posti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni anche da parte dei cittadini di paesi terzi alle stesse condizioni dei cittadini UE”.
L’ invito, inizialmente, era stato accolto. Una bozza del Salva Infrazioni modificava infatti le norme sul lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Le stesse che già oggi prevedono che “i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale”.
Nella bozza arrivata giovedì a Palazzo Chigi si allargava questa possibilità ai familiari dei cittadini Ue “non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”. Ma anche “ai cittadini di Paesi Terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria”.
Sembrava una rivoluzione, che però si è fermata in Consiglio dei ministri. “Il Salva Infrazioni è stato notevolmente asciugato e molti articoli della bozza, tra cui quello sulle assunzioni degli stranieri nella Pubblica Amministrazione, sono stati eliminati” spiegano dal ministero per le Politiche Comunitarie. Quella norma verrà "recuperata"? E quando? "Non siamo in grado di dirlo". Di certo, anche alla luce della crisi di governo, la strada per un eventuale novità normativa in questa direzione appare in salita.
Per aggiornamenti Vi segnaliamo il sito Antidiscriminazione curato dall’ASGI (Associazione per gli Studi Giudici sull’Immigrazione)

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