Per gli immigrati, la convivenza
significa riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti,
delle diversità e dei doveri. Per questo, gli immigrati non
ritengono accettabile la loro esclusione da alcuni ambiti della vita
civile, il permanere della discriminazione nell'accesso ai servizi
pubblici, il peso del lavoro sommerso e, specialmente, le remore nel
farsi carico, quanto alla cittadinanza, dei diritti dei figli degli
immigrati nati in Italia".
Un’
esclusione dei cittadini extracomunitari si verifica quindi,
nell’impossibilità di partecipare ai bandi per accedere al
pubblico impiego in quanto uno dei requisiti previsti è la
cittadinanza italiana e comunitaria e ciò configura un comportamento
discriminatorio nei confronti dei lavoratori stranieri in quanto
viola il principio di uguaglianza e di parità di trattamento tra
lavoratori migranti regolarmente soggiornanti e nazionali sancito
dall’art. 2 c. 3 del T.U. immigrazione, il quale rinvia alla
Convenzione OIL n. 143/1975.
La
Corte Costituzionale, con ordinanza n. 139 del 15.04.2011, proprio
sotto il profilo del contrasto con la fonte internazionale
richiamata, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della
questione, sollevata dal Tribunale di Rimini, di legittimità
costituzionale dell'art. 38, co. 1 del T.U. pubblico impiego, (nella
parte in cui afferma che “I
cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai
posti di lavoro presso te amministrazioni pubbliche”)
ritenendo possibile e doverosa un'interpretazione conformativa della
predetta disposizione perché “la
norma in sé non preclude l’accesso ai posti pubblici da parte di
cittadini extracomunitari”.
Eventuali limitazioni all’accesso degli stranieri al pubblico
impiego sono possibili nei soli casi imposti dall’interesse
nazionale ovvero solo quando si tratta di posizioni lavorative
implicanti l'esercizio di attività attinenti ad una funzione
pubblica che comportano l’esercizio di pubblici poteri nelle forme
proprie della P.A., per le quali è precluso l’accesso agli stessi
cittadini comunitari. A questo punto è sufficiente osservare che
l’aver previsto la partecipazione ai concorsi dei cittadini
comunitari significa che la stessa amministrazione concorda sulla
inesistenza di una questione di “pubbliche funzioni”.
Oltre
alle norme sopra richiamate, in molti bandi che indicono un concorso
pubblico non vengano presi in considerazione ulteriori e specifiche
disposizioni provenienti da fonti comunitarie direttamente
applicabili in Italia che, in ottica di tutela minima, garantiscono
la parità di trattamento nell’accesso al lavoro a determinate
categorie di persone: in particolare ai familiari dei cittadini
dell’Unione Europea (art. 19 del d.lgs. n. 30/2007), ai familiari
di cittadini italiani (art. 23 del d.lgs. n. 30/2007), ai
soggiornanti di lungo periodo (art. 11 comma 1 della direttiva
2003/109/CE), ai rifugiati (art. 25 del d.lgs. n. 251 del 19.11.07).
Recentemente
si è verificato l’esclusione dei cittadini stranieri dal concorso
pubblico indetto dal MIUR per il reclutamento del personale docente
nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di I e II grado
L’Antenna Territoriale di Firenze, insieme all’Antenna di Roma,
scrive al Ministro Profumo per chiedere la modifica del bando al fine
di consentire la partecipazione dei cittadini stranieri aventi
diritto
Con
il decreto n. 82/2012 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca ha indetto, su base regionale, un concorso per
titoli ed esami finalizzato alla copertura di 11.542 posti e cattedre
di personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria
di I e II grado, nonché di posti di sostegno, risultanti vacanti e
disponibili in ciascuna regione negli anni scolastici 2013/2014 e
2014/2015. Il bando di concorso citato prevede tra i requisiti
necessari per la partecipazione quello della cittadinanza italiana o
comunitaria, con conseguente illegittima esclusione degli aspiranti
docenti di cittadinanza non comunitaria, anche se titolari di titolo
abilitativo all’insegnamento – il quale può essere conseguito
anche dai cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti
attraverso lo svolgimento del cd. tirocinio formativo attivo (TFA) –
e di ogni altro requisito di capacità e competenza previsto dal
bando di concorso.
A
seguito della mancata risposta del Ministro della Pubblica Istruzione
alla segnalazione inviatagli dalle Antenne Territoriali
Anti-discriminazione dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici
sull’Immigrazione) di Roma e Firenze relativa alla illegittima
esclusione, in ragione della cittadinanza, dal concorso per il
reclutamento di 11.542 docenti, degli aspiranti professori
regolarmente soggiornanti in Italia ed in possesso dei requisiti di
competenza e capacità, l’Asgi e la Rete G2, unitamente alla
dott.ssa N. B. residente in Italia da 20 anni, ove ha conseguito la
Laurea in Chimica presso l’Università “La Sapienza” di Roma
con il massimo dei voti, hanno deciso di rivolgersi al Tribunale di
Roma perché, accertato il comportamento discriminatorio del
Ministero, adotti i provvedimenti ritenuti opportuni e necessari per
rimuovere la rilevata discriminazione.
Secondo
i ricorrenti il bando pone in essere un’irragionevole differenza
di trattamento tra lavoratori comunitari e non comunitari, in
violazione del principio di non discriminazione nelle condizioni di
lavoro rispetto al lavoratore nazionale, ribaditi dalla Convenzione
O.I.L e dal Testo Unico immigrazione D.Lgs. 286/1998.
Il
concorso per il reclutamento del personale docente non si è
discostato da una illegittima prassi amministrativa, che, nonostante
l’Italia sia diventata multietnica molti figli di immigrati nati
e/o cresciuti qui finiscono gli studi ma solo il fatto di non aver
la cittadinanza italiana vengono esclusi all’accesso al pubblico
impiego pur possedendo tutti i titoli richiesti nei relativi bandi e
quindi , di fatto, questa prassi impedisce alle persone di origine
straniera di adempiere al dovere/diritto di piena partecipazione
alla vita economico sociale del paese.
Ci si rammarica che anche il decreto legge Salva Infrazioni varato giovedì
6 dicembre 2012 dal governo per quanto riguarda l’accesso nella
Pubblica Amministrazione, limitata ai titolari di carta di soggiorno
e ai rifugiati, che era prevista nella bozza del decreto "salva
infrazioni" non è stata approvata dal Consiglio dei Ministri.
L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali aveva chiesto
infatti che tra le varie norme scritte per allineare l’Italia alle
direttive dell'Ue ce ne fosse anche una che prevedesse “il
diritto di accesso ai posti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni anche da parte dei cittadini di paesi terzi alle
stesse condizioni dei cittadini UE”.
L’
invito, inizialmente, era stato accolto. Una bozza del Salva
Infrazioni modificava infatti le norme sul lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche. Le stesse che già oggi prevedono
che “i cittadini
degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti
di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano
esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non
attengono alla tutela dell'interesse nazionale”.
Nella
bozza arrivata giovedì a Palazzo Chigi si allargava questa
possibilità ai familiari dei cittadini Ue “non
aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del
diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”.
Ma anche “ai
cittadini di Paesi Terzi che siano titolari del permesso di soggiorno
CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello
status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria”.
Sembrava
una rivoluzione, che però si è fermata in Consiglio dei ministri.
“Il Salva Infrazioni
è stato notevolmente asciugato e molti articoli della bozza, tra cui
quello sulle assunzioni degli stranieri nella Pubblica
Amministrazione, sono stati eliminati”
spiegano dal ministero per le Politiche Comunitarie. Quella norma
verrà "recuperata"? E quando? "Non siamo in grado di
dirlo". Di certo, anche alla luce della crisi di governo, la
strada per un eventuale novità normativa in questa direzione appare
in salita.
Per
aggiornamenti Vi segnaliamo il sito Antidiscriminazione curato
dall’ASGI (Associazione per gli Studi Giudici sull’Immigrazione)